Prospettive, caratteristiche e vantaggi del programma F35

L’Italia insieme a numerosi altri paesi alleati fa parte del programma F35 fin dagli anni Novanta. Caratteristiche principali, prospettive e vantaggi di questo programma. Una breve analisi

Con il dispiegamento dei velivoli F35 dell’Aeronautica Militare in Islanda, nel quadro della missione di Air Policing della NATO, l’Italia ha potuto misurare nuovamente sul campo l’impiego di alcuni dei più nuovi velivoli provenienti proprio dal programma F35, a cui il nostro paese partecipa da anni.

Il programma F35, di cui in Italia si è parlato spesso ma non sempre con la giusta attenzione, riguarda la realizzazione di un nuovo caccia multiruolo di quinta generazione, prodotto in una collaborazione internazionale che vede come capofila gli Stati Uniti e tra i partecipanti altri paesi alleati, tra cui il Regno Unito, l’Olanda, la Norvegia e altri. Il progetto, nato a metà anni Novanta del Novecento per la realizzazione del caccia interforze americano JSF (Joint stricke fighter) per sostituire i vecchi mezzi in dotazione alle forze armate americane, è un’ambizioso programma industriale e militare sviluppato e realizzato nel tempo insieme con altre grandi aziende internazionali, anche italiane, e diversi paesi alleati.

Si tratta di un programma molto ambizioso, e molto avanzato tecnologicamente, il primo aereo di quinta generazione al mondo, che manifesta evidenti vantaggi di diverso ordine: industriale, tecnologico, militare e politico/strategico, i quali sommati assieme producono un risultato indubbiamente positivo, in tutti questi ambiti, per paesi coinvolti direttamente nello sviluppo del progetto e nell’adozione del mezzo, come l’Italia. Vantaggi che cercheremo di riassumere e descrivere, brevemente, e che in sé dovrebbero bastare a far comprendere il perché il programma non solo ha senso, ma è indubbiamente molto importante. Nonostante questo però, da anni è stato spesso circondato da polemiche, sia sul piano tecnico che su quello economico e politico. Lungi da noi intervenire in questa annosa e, talvolta, strumentale discussione, ma anche per cercare di spiegare meglio i vantaggi del progetto e del suo sviluppo, che prevede ovviamente determinati costi e precisi impegni, è giusto precisare che non esiste programma di sviluppo di nuove tecnologie e nuovi mezzi altamente tecnologici, soprattutto in campo militare, che non comporti ingenti investimenti, in particolare nel settore aerospaziale. Per questo si tende sempre di più a sviluppare programmi internazionali con più paesi coinvolti. E qui viene la prima parte relativa ai vantaggi: quelli di ordine politico/strategico.

Partecipare ad un programma così evoluto e tecnologicamente avanzato ha indubbi vantaggi di ordine politico/strategico. Come del resto ben delineò fin da subito il ministro Beniamino Andreatta nell’introdurre le motivazioni per cui fin dal 1998 l’Italia aderì al programma. Fare parte di uno schieramento internazionale, aderire ad una coalizione di paesi alleati, come quello sviluppatosi intorno all’F35, comporta anche una scelta geopolitica e il rispetto di alcuni impegni economici, politici e diplomatici. È chiaro che si tratta di un programma “atlantico”, che interessa e interesserà sempre di più le forze armate di molti paesi alleati appartenenti al nostro stesso blocco politico-militare euro-atlantico o ad esso vicini. È evidente che molti paesi, inizialmente fuori del programma, adesso stanno chiedendo di entrarvi, vista la sua convenienza, visti i suoi vantaggi, viste le possibilità che l’adozione di questo mezzo comporta dimostrandosi sempre di più giorno per giorno come uno dei più evoluti mezzi aerei presenti a livello internazionale, unico nel suo genere.

Aderire al progetto significa anche stare in un preciso campo geopolitico mondiale. Nel settore della difesa questo elemento non è banale: per un paese come il nostro è anche il modo per mantenere un protagonismo e un ruolo di primo piano confermandaosi come alleato affidabile e responsabile.

Inoltre in un mondo sempre più condizionato da conflitti asimmetrici e disordine, dove la competizione tra grandi potenze sta diventando la nuova condizione permanente del sistema internazionale, ma dove si moltiplicano forme e fonti di minaccia asimmetrica o ibrida non sempre di origine statuale, disporre di un simile mezzo, che in se è anche strumento di deterrenza, è funzionale a garantire la sicurezza del paese e a garantire un vantaggio strategico evidente in caso di necessità e di intervento in un’area di conflitto. Il tutto, ovviamente, legato al posizionamento euro-atlantico dell’Italia, alla nostra proiezione geopolitica nel Mediterraneo e alla nostra posizione geografica dovrebbe bastare a spiegare perché sul piano politico e strategico è importante la nostra partecipazione, con il ruolo di primo piano che già possediamo, in questo programma e sbagliato un eventuale ritiro.

Certo, un’alleanza di questo tipo, necessita di sviluppare una relazione esclusiva, fondata sia sulla reciproca collaborazione e il reciproco vantaggio, ma anche sul rispetto degli impegni presi e degli investimenti garantiti. La realizzazione di un vasto programma industriale come quello degli F35 comporta certamente doveri e costi economici significativi. Un programma così avanzato tecnologicamente, proprio per la sua natura e complessità, ha comportato investimenti e costi anche maggiori da quelli previsti, che nel tempo però saranno ripagati sia attraverso la produzione dei velivoli, sia attraverso la loro vendita a nuovi aderenti, sia  grazie a quanto gli investimenti fatti potranno essere produttivi in termini di promozione dell’occupazione, di sviluppo tecnologico e crescita industriale. Va ricordato che questo tipo di progetti attivano anche forme di ricchezza indiretta derivanti dagli indotti e dalla ricerca scientifica e dalle innovazioni che producono nelle filiere produttive e nei prodotti anche più semplici. Inoltre per quanto riguarda il nostro paese è un elemento non banale la presenza di aziende italiane nel consorzio internazionale che lo produce e la presenza sul suolo italico di un importante sito produttivo. Tutt’altro che fattori da non considerare positivamente sul piano economico-industriale.

Ma gli F35 hanno anche caratteristiche specifiche sul piano tecnologico e militare, che è giusto evidenziare tra i vantaggi del progetto. Per comprenderle meglio e capire le peculiarità di un mezzo come il F-35 si può prendere spunto dalla sua classificazione come caccia di “quinta generazione”. Partiamo dal presupposto che la classificazione per generazioni non è così rigida come si potrebbe pensare, anche perché in molti hanno semplicemente proposto “la propria” senza particolari vincoli di autorevolezza e tramite il medium più congeniale. Il primo a prendersi la briga di classificare gli aerei caccia è stato Richard P. Hallion, storico dell’Air Force, già nel 1990, che si spinge a classificare addirittura sei generazioni di aerei, includendo nella sesta (aerei supersonici multiruolo ad alta efficienza) quelli attuali. Ciò renderebbe l’F-35 come l’F-22 Raptor aerei di settima generazione ma l’autore non fornisce una caratterizzazione adeguata. Joseph N. Yoon (sul sito Aerospaceweb) nel 2004 classifica l’F-35 come “quinta generazione” richiamando le sue caratteristiche stealth oltre che l’avionica avanzata non soltanto legata al pilotaggio del mezzo, ma anche al controllo del campo di battaglia. Interessante. John Tirpak (su rivista: Air Force Magazine) nel 2009 e il nostro David Cenciotti (su blog: The Aviationist) concordano nel definire l’F-35 di “quinta generazione” ancora per le caratteristiche stealth e la capacità di volo supersonico – anche detto “supercrociera” e non propriamente confortevole in termini di sollecitazioni – particolarmente efficiente (la quarta generazione consente appunto solo una “supercrociera parziale”). Al netto dei miglioramenti nello stealth e nella velocità di crociera Tirpak cita in particolare anche una “feature” non presente nei caccia precedenti: “full-sensor fusion”. Interessante. Menzione d’onore a Jim Winchester (su libro: Jet Fighters) che nel 2011 distingue soltanto “classic” (fino al 1960) e “modern jets”. La classificazione che a nostro avviso rende maggiormente l’idea del “balzo generazionale” è quella fornita dal Air Power Development Centre (ADPC) della Royal Australian Air Force (su bollettino: pathfinder) che nel 2012 conferma l’appartenenza del F-35 ai caccia di “quinta generazione” richiamando ancora le caratteristiche stealth e la maggiore efficienza, esplicitando però in maniera meno vaga di Yoon e meno criptica di Tirpak la caratteristica (questa assolutamente assente nella generazione precedente) di monitorare, interagire e quando possibile controllare lo scenario operativo. L’APDC in particolare, nella sua definizione di classificazione assolutamente godibile e brillante, dice (con beneficio di traduzione): “[…] Questi aerei sono anche “nati connessi” (“born networked” nell’originale), il che gli consente di ricevere, immagazzinare e condividere informazioni per migliorare la visione del campo di battaglia” o anche “[…] Il F-35 ha più software che qualsiasi altro aereo da combattimento, con sette milioni di righe di codice sul velivolo ed altre sette milioni di righe nel sistema di supporto a terra. Un esempio della complessità e della sofisticazione del F-35 sta che questo usa circa un numero di parametri cento volte maggiore, rispetto ai caccia di quarta generazione, per definire una potenziale minaccia.”

La vera innovazione dei caccia di quinta generazione tra cui l’F-35 (non che russi e cinesi siano fermi del mentre, ma non è tema del presente articolo) sta probabilmente in quel “born networked”. Per dirla con terminologia militare, l’F-35 è pronto ad operare nel “network-centric warfare”, dottrina militare che per quanto non recentissima (la introdusse il DoD americano negli anni ’90) propone di tradurre un vantaggio informativo (ottenuto tramite l’informatica e la digitalizzazione) in un vantaggio militare competitivo. Le quattordici milioni di righe di codice di cui parla l’ADPC, consentiranno anche quanto previsto dal network-centric warfare. Anche ma non solo: la connettività concessa dai nuovi caccia non si limiterà solo al vantaggio informativo, ma anche al controllo dello scenario nell’ottica di produrre supremazia aerea.

Gli F-35 “born-networked” sono già pronti per controllare in battaglia l’altra grande innovazione destinata a rivoluzionare il modern-warfare. I loyal-wingman del futuro saranno senza pilota e, pur sfruttando tutti i benefici della mancanza dell’essere umano a bordo (manovre particolari, nessun problema di accelerazione o temperatura e soprattutto sacrificabilità) avranno anche parte degli svantaggi dovuti, ancora, alla mancanza di pilota. Servirà un’entità che sul campo di battaglia sappia coordinarne i movimenti e decidere la strategia, disponendo non solo della capacità di comunicare direttamente con il loyal-wingman, ma anche di informazioni aggiornate e costanti provenienti dal campo di battaglia: insomma servirà l’F-35.

Queste brevi note possono indicare alcuni elementi utili a comprendere perché la partecipazione alla realizzazione di questo programma può essere così rilevante anche per l’Italia. Un programma simile ha un indubbio valore sotto molteplici aspetti, politici ed economici, e può rappresentare un autentico vantaggio strategico e tecnologico per le Forze Armate italiane e per il Paese. Il fatto che numerosi paesi, nel corso degli ultimi anni, si siano interessati a questi velivoli o abbiano chiesto di poter partecipare al programma, forse è la conferma più evidente del suo valore.


Fonte immagine sito Difesa.it

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