L’aggressione russa entrerà nella storia

Il contributo di Enrico Casini e Andrea Manciulli per la rubrica di Airpress del mese di Novembre 2022

Probabilmente il 24 febbraio entrerà nei libri di storia come una data spartiacque. Come l’11 settembre 2001 o il 9 novembre 1989.  Qualunque sarà nelle prossime settimane il risultato sul campo, l’attacco russo all’Ucraina, e il conflitto che ne è seguito, produrranno numerose conseguenze. Alcune, ancora oggi, non del tutto evidenti. Non solo nel breve periodo, come stiamo vivendo in questi giorni dalla crisi energetica a quella umanitaria con milioni di profughi e sfollati fuggiti dall’Ucraina come non se ne vedeva, in Europa, dai tempi della Seconda Guerra mondiale. Ma anche nel medio e nel lungo periodo, sia sulla Russia e l’Ucraina, ma anche sulla stessa Europa e le regioni limitrofe.

Una sorta di scossa tellurica ha colpito per esempio tutto il mondo post-sovietico. Le tensioni tra le ex repubbliche sovietiche sono aumentate, o tornate a palesarsi, come da tempo non accadeva. Basta vedere in Caucaso o in Asia Centrale. I riverberi di questo conflitto si stanno sentendo anche in Africa e in Medio Oriente, dove la presenza e gli interessi russi sono molteplici. Ma le conseguenze potrebbero rivelarsi molto pesanti anche sulla stessa Russia, ormai completamenta travolta dalla guerra e dalle sanzioni, che potrebbe dover fare i conti a lungo, sul piano economico, sociale e politico, con gli effetti dell’azzardata scelta di invadere l’Ucraina.

Tra gli effetti più immediati che questa guerra ha prodotto, non appena la situazione sul campo si è fatta critica e l’esercito russo si è impantanato, è stato anche il ritorno, forse inatteso, della minaccia atomica. In pochi giorni siamo piombati in un clima da Guerra Fredda, scomodando anche il ricordo di vicende come la Crisi di Cuba del 1962 (a sessanta anni esatti di distanza). Probabilmente in tanti si erano dimenticati che nel mondo esitono ancora oggi arsenali con migliaia di bombe atomiche. E che la Russia, insieme agli USA, sono ancora oggi le due maggiori potenze nucleari del mondo.

Il rischio dell’uso di una arma atomica, come di un incidente, è sempre rimasto in essere, anche dopo la fine della Guerra Fredda. Non era mai scomparso. Solamente lo avevamo rimosso. Anzi, nel corso degli ultimi decenni, il desiderio di diventare una potenza nucleare ha abbagliato numerosi regimi, a partire dalla Korea del Nord all’Iran. Un rischio, quello della proliferazione nucleare, che tutt’ora minaccia il mondo, e che potrebbe rivedere, anche in ragione di questa guerra, una nuova spinta soprattutto in paesi dotati di risorse e tecnologie adeguate, pronti ad armarsi con l’atomica per garantire di più, e meglio, non solo la propria sicurezza, ma anche i propri interessi.

Di fatto la paura di un conflitto atomico è uno degli strumenti che la stessa Russia sta utilizzando, spesso attraverso un’abile propaganda sui social networks e su media conpiacenti, per cercare di disincentivare i paesi occidentali dal sostenere ancora l’Ucraina facendo pressione soprattutto sulle opinioni pubbliche. Del resto, in democrazia, condizionare l’opinione pubblica può essere un mezzo per condizionare poi i governi eletti. La minaccia non va di sicuro sottovalutata, e questo è chiaro a tutti, ma ad oggi la NATO ha risposto alle minacce russe, dirette e indirette, con un grande equilibrio e fermezza.

Certamente, se stiamo davvero vivendo un ritorno ad una sorta di “Nuova Guerra fredda”, anche la minaccia atomica purtroppo potrebbe tornare ad essere nuovamente una delle condizioni caratteristiche di questo nuovo confronto strategico globale. E questo, piaccia o meno, purtroppo potrebbe essere uno dei tasselli del mosaico della nuova deterrenza con cui dovremo convivere nel 21°Secolo, tipica di questa nuova competizione tra superpotenze in cui è fondamentale che i paesi occidentali possano costruire un fronte unito e solido.

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