Cronache marziane. E’ iniziata la corsa al pianeta rosso

Il sogno di Marte e la corsa allo spazio: come la conquista del pianeta rosso potrebbe interessare i piani delle grandi potenze. L’analisi di Marco Tesei.

Quando si parla di “nuova corsa allo Spazio”, è in effetti possibile citare tre corse distinte, più o meno parallele tra loro.

Il ritorno sulla Luna innanzitutto. Sul tema si è già trattato proprio in queste pagine.

E’ impossibile poi non menzionare anche le stazioni spaziali. Per quanto la ISS abbia mediaticamente monopolizzato il tema negli ultimi anni, è a fine corso: non è stata la prima (basti pensare alla statunitense Skylab degli anni ‘70 o alla MIR russa costruita a partire dal 1986, più di 10 anni prima della ISS) e sicuramente non sarà l’ultima. Mentre l’occidente ragiona su come procedere per sostituirla, la Cina nel giro di neanche dieci anni ha lanciato due stazioni spaziali (Tiangong, tradotto “castello nel cielo”, con progressivi 1 e 2) e prevede entro il 2020 il lancio di “Tanhe” (traduzione non pervenuta), il primo modulo della terza stazione spaziale modulare della storia (appunto la Tiangong-3, dopo MIR e ISS). Ci sarà modo per parlarne approfonditamente.

Infine la terza corsa, probabilmente più delle altre somigliante ad una maratona: la conquista di Marte. Con l’avvento del nuovo millennio e soprattutto dopo la sua prima decade, Marte torna alla ribalta ogni due anni. I motivi in verità sono piuttosto pratici: ogni ventisei mesi circa le orbite ellittiche di Terra e Marte concedono il punto di minor distanza tra i due pianeti, rendendo particolarmente conveniente l’approccio verso il Pianeta Rosso. La conquista di Marte tuttavia parte da lontano, in quanto il Pianeta Rosso è infatti soggetto di missioni dedicate fin dal 1969: il primo rover marziano atterra già nel 1971 con la missione russa Mars-3, si spegne dopo 15 secondi ma è comunque un successo. La centralità di Marte nei programmi spaziali risulta però, come detto, percepibile a partire dal nuovo millennio ed evidente proprio in questo 2020. Ci arriveremo.

Elencare tutte le missioni che hanno interessato il Pianeta Rosso sarebbe eccessivo ma, memori del sostanziale duopolio nella corsa alla Luna, è opportuno far notare invece l’eterogeneità dei partecipanti alla nuova corsa per Marte. Da Curiosity a Perseverance (ed altri), a partire dal 2011 (Perseverance a Luglio 2020): Stati Uniti. Mars Orbiter Mission o Mangalyaan nel 2014: India. Exomars 2016: Europa e Russia. Hope a luglio 2020: Emirati Arabi. Tianwen-1 (tradotto “ricerca della verità celeste” o “domande rivolte al cielo”), ancora a Luglio 2020: Cina. Tenendo fede all’intervallo dei due anni, per il 2022 sono già in calendario Exomars-2 e Mangalyaan-2.

Solo nel luglio del 2020 Cina, Stati Uniti ed Emirati Arabi hanno dato il via ad una missione destinata ad esplorare ed analizzare Marte. Mai nella storia c’era stata una tale densità e varietà di missioni con la stessa destinazione in un arco temporale così breve.

Hope è sostanzialmente un satellite meteorologico, dedicato allo studio degli strati dell’atmosfera marziana. Tianwen-1 e Perseverance sono invece progetti – più o meno – equivalenti. Entrambi ad altissimo budget. Entrambi prevedono, tra le altre, cose un “ammartaggio” con dei rover dal peso importante (la Cina sarebbe il secondo pianeta, dopo gli Stati Uniti, a riuscire nell’impresa): tenendo conto che “ammartare” non è cosa così semplice (si pensi al povero Schiaparelli dell’ESA) si capisce la portata dell’evento. Entrambe poi puntano ad analizzare il suolo marziano (Perseverance addirittura a farne tornare frammenti sulla Terra) ed entrambe sono sostanzialmente propedeutiche ad eventuali attività che coinvolgano l’uomo su Marte in futuro.

Al che la domanda sorge spontanea: a quando il primo uomo su Marte? Tutto sembrerebbe indicare che, a dispetto dell’interesse per il Pianeta Rosso, la sua conquista sarà appunto una maratona. Elon Musk, patron di SpaceX e tra i principali promotori della conquista di Marte (al punto da fissare tale obiettivo fin dalla fondazione della società nel 2002) dopo aver ipotizzato la data del 2024 ha dovuto ritrattare. Sfumata l’ipotesi Red Dragon, navicella dedicata allo scopo ma tagliata per mancanza di fondi nel 2018, il magnate sudafricano ha rilanciato con il progetto Starship: praticamente una palazzina alta cinquanta metri (nove alla base) per 1400 tonnellate di peso, da lanciare in orbita e da far atterrare, intatta, su Marte. Un progetto talmente ambizioso che la stessa NASA, stizzita dall’annuncio, ha voluto riportare SpaceX all’ordine ricordandole di rispettare i tempi per tutti i progetti che la vedono coinvolta come contractor, più concreti e soprattutto pagati con le tasse degli americani.

La verità è che Marte offre sfide di gran lunga maggiori a quelle proposte dalla Luna e, come spesso accade quando si parla dello Spazio, non basta l’evoluzione tecnologica (o quantomeno non quella attuale) per superare limiti fisici e naturali evidenti. Prima di tutto Marte ha una sua atmosfera (per quanto rarefatta, comunque rilevante) ed una gravità (un terzo circa di quella terrestre, ma anche lei comunque non trascurabile) che rendono difficili le operazioni di discesa. E poi la distanza: quando Marte è vicino alla Terra è comunque circa 150 volte più lontano della Luna. Al netto delle difficoltà direttamente correlate ai (circa) sessanta milioni di chilometri da percorrere, emergono criticità importanti legate alla presenza di equipaggio a bordo. Senza considerare tutte le ripercussioni mediche e psicologiche per l’equipaggio, esiste anche un tema logistico non trascurabile: una missione diretta verso il Pianeta Rosso dovrebbe quasi certamente prevedere la permanenza su suolo marziano per i 26 mesi citati in precedenza (qualcosa meno, ipotizzando una partenza anticipata) prima di poter tornare o di poter ricevere nuovi rifornimenti nel caso di base permanente.

La conquista di Marte si configura quindi come la corsa più lunga e difficoltosa per necessità di fondi, tecnologie dedicate e tempi di pianificazione ed esecuzione. E una volta arrivati su Marte poi, probabilmente dovremo accontentarci per un po’. Mercurio sarebbe a 80 milioni di chilometri, ma le temperature variabili tra -180°C e +452°C lo rendono l’ambiente più inospitale del sistema solare per qualsiasi entità vivente o tecnologicamente avanzata. I primi satelliti rocciosi ipotizzabili per un eventuale approccio si trovano attorno a Giove: al netto di eventuali discussioni su conformazioni del territorio e temperature, la sua distanza minima dalla terra è di 588 milioni di chilometri. Prendendo come base gli (ipotizzati) nove mesi necessari per raggiungere Marte, parliamo di anni necessari solo per il viaggio di andata. Sarà per un’altra epoca.

Marco Tesei


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