Anche l’Italia partecipa all’esplorazione lunare

Prospettive dell’accordo bilaterale Italia Usa sullo spazio. Perché è importante per l’Italia.

E’ notizia recente l’accordo di intesa bilaterale tra Stati Uniti ed Italia per quanto concerne l’esplorazione lunare. L’accordo, firmato dal Sottosegretario Fraccaro e dal Direttore della NASA Jim Bridenstine, è il primo protocollo bilaterale prodotto nel contesto del Programma Artemis finalizzato a riportare un essere umano sulla Luna entro il 2024.

L’accordo si può contestualizzare nel solco della collaborazione, antica e virtuosa, tra le agenzie spaziali dei due paesi. Il primo accordo tra i due stati è del 1964, quando in Italia ancora una vera e propria agenzia spaziale non esisteva (le attività erano gestite dall’Istituto per le Ricerche Spaziali all’interno del CNR) e la NASA era stata fondata neanche dieci anni prima. Frutto di quel primo storico accordo sarà il lancio del satellite San Marco 1 dalla base statunitense di Wallops Islands (Virginia): l’Italia è la terza potenza mondiale (dopo Stati Uniti e Russia) a lanciare un satellite in orbita. Anche solo un accenno a tutte le collaborazioni passate ed in essere richiederebbe troppo spazio – basti pensare allo sviluppo di IRIS, vettore logistico impiegato con successo nelle missioni dello Space Shuttle, o ai moduli pressurizzati della ISS di fabbricazione italiana – a testimonianza di come l’Italia non solo sia perfettamente integrata nel contesto della ricerca spaziale ma anche di come, autonomamente o di concerto con l’Ente Spaziale Europeo di cui è membro fondatore e terzo contributore, sia capace di produrre valore, scientifico ed economico, in collaborazioni come quella prevista per Artemis.

La tradizione non è comunque l’unico fattore a determinare l’intesa così forte che esiste oggi, in tema di aerospazio, tra Italia e Stati Uniti. Nel 2018 mentre alla NASA si insediava proprio Bridenstine, in Italia veniva varato il Piano Nazionale Space Economy che, tra le altre cose, presenta molti punti in comune in termini di “vision” proprio con la NASA. Mentre gli Stati Uniti fin dai primi anni 2000 propongono e promuovono una partnership pubblico privato (o PPP) coordinata dalla NASA, il Piano Nazionale Space Economy mira a fare lo stesso tenendo conto delle specificità dell’industria aerospaziale della Penisola. Il fine è il medesimo: generare un circolo virtuoso capace di produrre innovazione e fungere da volano per l’economia. Studi di settore confermano la bontà dell’approccio: viene stimato che per ogni euro investito in Italia nell’aerospazio – e non dimentichiamo la capillarità e completezza della filiera produttiva dell’industria aerospaziale nazionale, tra le più competitive al mondo – se ne producano circa sette (secondo l’ESA) o undici (secondo l’Università “La Sapienza” di Roma) di valore aggiunto. La collaborazione nel programma Artemis viene quantificata in circa un miliardo di euro.

Concludendo, ci sarà tempo e modo per parlare di Artemis. Avviato nel 2017 (budget previsto 35 miliardi di dollari, ma in crescita) si porta dietro un’aura di scetticismo, dovuta soprattutto ai tempi considerati “ottimistici” per il raggiungimento di un obiettivo così importante. Al 2024 mancano circa tre anni (praticamente dopodomani, per un programma spaziale di questa portata) ed è lecito attendersi aggiornamenti in tempi brevi. Ne parleremo sicuramente.

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