Verso le presidenziali tra sondaggi, proteste e Covid. Cosa sta succedendo negli Stati Uniti?

Gli ultimi sondaggi nazionali attribuiscono al momento un forte vantaggio a Biden su Trump. Nel paese continuano a crescere le polemiche e le proteste mentre il virus non rallenta la sua corsa. L’ultimo aggiornamento in vista delle elezioni di novembre.

Negli Stati Uniti continuano le proteste dei movimenti antirazzisti che hanno come oggetto principalmente le discriminazioni razziali e sociali presenti nel paese e le violenze di cui sono accusate le forze dell’ordine, a partire dalla tragica morte di George Floyd a Minneapolis, origine delle prime proteste. Ma mentre proseguono le proteste, le tensioni e le polemiche ad esse collegate, che stanno coinvolgendo numerose città e ovviamente hanno come obiettivo anche la Casa Bianca e l’amministrazione Trump, nel paese non si arresta la diffusione del Coronavirus. Anzi, appare sempre più evidente che la protesta sociale che attraversa il paese non è estranea al tema delle conseguenze socio-economiche del virus, il quale, sembrerebbe aver colpito la maggior parte delle vittime proprio tra le minoranze e negli strati sociali più deboli e poveri. Gli stessi che oggi pagano caramente sia l’emergenza sul versante sanitario, con la diffusione della malattia, quanto le sue ricadute economiche, con la gravissima crisi che da febbraio ha lasciato sul campo milioni di posti di lavoro e messo in difficoltà famiglie e intere comunità.

Se l’economia doveva essere uno dei cavalli di battaglia di Trump, nell’avvio della campagna elettorale, oggi proprio per le conseguenze della pandemia, potrebbe diventare uno degli elementi di maggiore critica verso il Presidente in carica, insieme, ovviamente alle critiche  per la gestione della crisi e la diffusione del virus che non si arresta. Alcuni stati, tra cui per esempio la Florida, hanno visto una crescita di casi anche nelle ultime ore. Il virus continua a diffondersi in tutto il continente americano, con paesi come Brasile, Perù e Cile che segnano i livelli maggiori di crescita, ma anche numerosi stati degli Usa, in cui ancora l’epidemia sembra proseguire la sua corsa, a partire da quelli del sud-ovest.

Secondo i dati diffusi dalla John Hopkins University i casi sono cresciuti negli ultimi giorni di meno di mille unità al giorno, ma hanno mantenuto una aumento costante, che ha portato a circa 119 mila decessi e un totale di 2,2 milioni di contagi. Un trend che mantiene gli Usa stabilmente al primo posto nel mondo per numero di decessi e contagi, anche se il Brasile ha raggiunto in queste ore il milione di casi ed è diventato il nuovo centro dell’epidemia.

Ovviamente l’azione di Trump, sul fronte crisi interna derivante dalla pandemia che su quello delle reazioni alle proteste di piazza, continua ad essere oggetto di aspre critiche e di proteste. Nonostante numerosi analisti sostengano che le proteste, e soprattutto le violenze che si sono verificate in alcuni casi, come ad esempio i saccheggi di New York, potrebbero favorirlo nella corsa elettorale, i sondaggi in realtà rappresentano un quadro abbastanza preoccupante per il consenso del Presidente. Ultimi i dati presentati dall’emittente storicamente vicina ai Repubblica Fox News, che segnalava un distacco di Trump dal suo rivale Biden di 12 punti percentuali. Pochi giorni fa la CNN invece aveva pubblicato un altro sondaggio che addirittura dava Trump sotto di 14 punti rispetto al suo rivale democratico.

Joe Biden in questo momento, forte soprattutto delle critiche che il Presidente sta attirando su di se, e del clima di forte disagio che attraversa il paese, sta accarezzando il sogno di vincere davvero la sfida presidenziale di novembre e per riuscirvi dovrà tentare di guadagnare consenso soprattutto trasformando il dissenso verso le scelte di Trump in fiducia nella sua proposta.  Mancano certamente ancora molti mesi e la gara resta aperta, anche considerata la mutevolezza della situazione generale non solo negli Stati Uniti, così come incerto resta il quadro evolutivo interno nel paese, alla luce della crisi economica e della pandemia.

Indubbiamente la possibilità di una vittoria del candidato democratico solo pochi mesi sembrava impossibile e oggi, invece, potrebbe davvero realizzarsi. I sondaggi in molti stati confermerebbero il suo vantaggio, ma la sfida è davvero ancora aperta. Come altre volte ricordato, la vittoria finale per la corsa alla Casa Bianca dipende dai risultati nei singoli stati e dalla conquista dei Grandi elettori. I sondaggi nazionali possono fotografare una tendenza nazionale, ricordiamo sempre che la Clinton nel 2016 aveva vinto il voto nazionale come gli stessi sondaggi avevano annunciato, ma poi aveva perso in alcuni stati decisivi per la vittoria finale. Sono infatti gli Swing States, quelli più contendibili, a decretare ogni volta chi sarà l’inquilino della Casa Bianca. Vincere in questi stati è fondamentale, visto che poi vi sono alcuni stati in cui il risultato finale, a favore dei democratici o a favore dei repubblicani è storicamente consolidato.

Il consenso che Trump saprà mantenere o conquistare in questi stati, così come al contrario il suo rivale, sarà determinante per decretare il 3 novembre la vittoria delle elezioni. Questo lo sanno bene entrambi i contendenti e non a caso, è probabile che proprio in quegli stati, a partire da quelli che decretarono la sconfitta della Clinton 4 anni fa (Winsonsin, Michigan, Pennsylvania), concentreranno i loro sforzi.

Mentre il voto è ancora lontano, il clima politico nel paese resta caldissimo, con l’ex Presidente Obama che non ha risparmiato dure critiche a Trump e nelle scorse settimane è sceso in campo a sostegno del suo ex vice (il suo contributo potrebbe essere stato decisivo anche sulla vittoria di Biden nelle primarie), ma anche con alcuni segnali di critica che arrivano dallo stesso schieramento repubblicano. Nonostante il grosso del partito rimanga fedele e compatto a fianco del Presidente, alcuni autorevoli rappresentati del GOP, in particolare l’ex Presidente George W. Bush,l’ex Segretario di Stato Colin Powell e il Senatore Mitt Romney hanno annunciato che non lo sosterranno. Ma se alcuni ritengono poco rilevante la scelta di questi autorevoli rappresentanti del mondo conservatore americano, che si erano già manifestati come molto critici verso Trump già in passato, la notizia che più sembra preoccupare la Casa Bianca in questi giorni è l’annuncio dell’uscita del libro dell’ex Consigliere per la sicurezza Bolton, in cui non mancherebbero durissime critiche all’operato di Trump.

Quanto le polemiche interne soprattutto al mondo politico o le affermazioni contenute nel libro di Bolton, non certo il primo ex collaboratore di Trump a  criticarlo duramente, possano essere rilevanti sul piano elettorale è però tutto da verificare. Trump nel frattempo continua a respingere accuse e critiche, oltre che negare la atendibilità dei sondaggi che lo danno in svantaggio, e cerca di dare l’idea di voler continuare sulla sua strada, probabilmente con l’intento di consolidare il suo consenso sulla base elettorale repubblicana. Per questo, proverà a rilanciare la sua campagna elettorale, dopo le polemiche dei giorni scorsi che su più fronti lo hanno coinvolto, da Tulsa dove ha tenuto un comizio davanti a migliaia di supporters.

In realtà il vero dato più significativo, in vista di novembre, sembra restare quello economico-sociale legato alla crisi della pandemia. L’ondata di proteste potrebbe esaurirsi come proseguire, certamente una loro radicalizzazione potrebbe davvero favorire Trump, così come i sondaggi potrebbero essere negativi sul piano nazionale ma non dare risposte davvero certe sui singoli stati, quelli che decideranno il prossimo inquilino della Casa Bianca. Ma la preoccupazione maggiore, in questo momento, sembra essere sempre di più l’economia, un fattore non estraneo alle proteste in verità e alle polemiche. Il paese sta pagando un prezzo molto elevato alla crisi e alla pandemia, e le tensioni che stanno crescendo, potrebbero aumentare nel corso delle prossime settimane, sopratutto se l’economia non dovesse davvero riprendersi.

La corsa per la Casa Bianca probabilmente si giocherà molto intorno all’evoluzione della crisi e alle scelte che Trump saprà mettere in campo per arginare la recessione. Dall’altro lato Biden dovrà convogliare su di se il clima di forte dissenso che nel paese di registra, continuando però a incrementare il suo personale consenso anche tra giovani, donne, minoranze ( per fare questo è probabile che proverà presto anche giocare la carta della scelta di una donna come sua vice) e soprattutto trasformando il desiderio di riscatto in voglia di cambiamento rispetto all’attuale amministrazione.

La partita è ancora tutta da giocare, e a quasi cinque mesi di distanza Trump ha tutto il tempo per provare a giocarsela. Ma se il Covid proseguirà la sua diffusione anche nelle prossime settimane nel paese, così come se le proteste continueranno, anche il clima politico interno agli Usa continuerà a subirne conseguenze difficile da ipotizzare al momento.

Certamente la più grande democrazia del mondo si trova ad un tornante molto complesso della sua storia. Ma mentre gli Usa vivono questa fase difficile, anche il resto mondo è ancora sconvolto dalla pandemia e se in alcune aree del pianeta, dove la fase più acuta sembra piano piano esaurirsi, si cerca di riprendersi faticosamente sperando in una ripresa economica, vi è anche la certezza che questa non sarà possibile, se non riparte con forza in tempi rapidi anche il motore americano.

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