11 settembre 2001: venti anni dopo l’evento che ha cambiato il mondo

Un evento che ha cambiato la storia. A venti anni di distanza dagli attacchi terroristici di New York e Washington una breve analisi

Sono passati venti anni da quella mattina di settembre che ha cambiato il mondo e di cui noi tutti conserviamo il ricordo. Un giorno che sembrava iniziato come molti altri e che, invece, si è trasformato in pochi minuti in una data drammatica e unica, che ha pochi eguali nella storia.

Una tragedia immane: l’attacco terroristico più catastrofico della storia occidentale, il primo attacco nemico sul suolo americano dal 1941. Gli attentati dell’11 settembre 2001 rappresentarono a tutti gli effetti e senza retorica, non solo un evento unico, nella sua drammaticità e gravità, ma anche una svolta storica netta, a livello politico, strategico e militare. Determinarono l’ingresso, forse inatteso, nel nuovo millennio. In un tempo caratterizzato dalla diffusione di minacce e conflitti asimmetrici, nuove forme di insicurezza e rischio, l’inizio di una fase di disordine internazionale, nuove tensioni e rivalità, tutt’ora in corso e che potrebbero durare ancora a lungo. Un giorno che ci ha cambiato e ha letteralmente cambiato il mondo intorno a noi.

Perchè gli attacchi contro il Pentagono a Washington e il World Trade Center di  New York hanno influito in modo rilevante non solo sugli assetti politici globali, ma anche sulle tendenze geopolitiche, culturali, giuridiche o socio-economiche e sulle vite di milioni di esseri umani. L’impatto emotivo, psicologico e mediatico, di un attacco così vasto trasmesso in diretta televisiva, fu talmente forte, e lo resta ancora oggi, non solo per il popolo americano, da lasciare un segno indelebile nella memoria collettiva di milioni di persone in tutto il mondo. Chi quel giorno di settembre ha assistito inerme le immagini degli attacchi ricorderà sicuramente, anche a distanza di tanti anni, il luogo, il momento, le persone con cui, probabilmente, ha vissuto quel momento drammatico. Un punto fermo nella memoria di tutti noi impossibile da dimenticare. Che a distanza di anni non può non generare grande emozione.

In questi giorni abbiamo visto, sentito, partecipato a eventi, speciali, approfondimenti, dedicati a questo anniversario sui media, sui quotidiani, nei canali televisivi, non solo quelli dedicati alla storia. A distanza di venti anni, anche in queste ultime settimane in cui la crisi afghana è stata al centro degli interessi dei media e dell’opinione pubblica, ricordare gli attacchi dell’11 settembre 2001 è necessario e doveroso: per la memoria storica dei fatti e il ricordo delle migliaia di vittime coinvolte, e anche per ricordare quale fu l’evento scatenante, e la sua gravità, da cui ha avuto origine la successiva Guerra al terrore.

Gli attacchi furono un colpo diretto, violentissimo, rivolto non solo contro gli Stati Uniti e i simboli della loro prosperità e della loro forza, ma contro tutto l’Occidente. Un attacco che va letto anche come contro i valori che l’Occidente incarna nel mondo, la libertà e la democrazia, in nome di un progetto folle e fanatico, propugnato da un’organizzazione terroristica come al Qaeda. L’organizzazione fondata da Osama Bin Laden intorno alla fine degli anni ottanta, che già aveva colpito, pesantemente, alla fine degli anni Novanta, e che da tempo aveva lanciato le sue minacce contro l’Occidente e gli Stati Uniti.

Gli attacchi scossero subito gli equilibri politici globali, fin nelle fondamenta, in un epoca storica in cui già iniziavano a muoversi profondi cambiamenti successivi alla fine della Guerra Fredda che avrebbero di lì a poco contribuito a cambiare il quadro geopolitico ed economico internazionale. Le ripercussioni ebbero effetti immediati in molte altre regioni del globo, a partire da quella euro-atlantica, che ovviamente si sentì fortemente coinvolta dagli attacchi, dato il legame profondo tra Stati Uniti e paesi dell’Europa. La drammaticità del momento spinse ad una forte unità transatlantica, testimoniata dalla posizione e dal ruolo che la NATO rivestì nell’immediato e dal sostegno pieno che venne da tutti i paesi europei e alleati agli Stati Uniti.

In questi venti anni la sfida del terrorismo jihadista, lanciata contro l’Occidente e la sicurezza internazionale, e di cui gli attacchi di New York e Washington rimangono i simboli più drammatici, è ancora in essere. Nel tempo è mutata, si è ulteriormente evoluta, è diventata probabilmente ancora più complessa, si è diffusa proliferando spesso in realtà di crisi e di instabilità in cui ha potuto infiltrarsi. Dopo il 2001 abbiamo, purtroppo, assistito ad altri attacchi, anche se di minore grandezza, certamente ancora molto gravi, che hanno anche confermato questa continua evoluzione della minaccia. Da Madrid, a Londra, Parigi, Bruxelles, Berlino, Nizza, solo per citarne alcuni recenti, soprattutto sul territorio europeo, solo per citare alcuni dei più grandi, a cui si sommano tanti altri attacchi, nel tempo, di diversa forma e entità, dal Nord Africa a Israele, dalla Turchia alla Russia, alla Tunisia. Spesso prodotti per iniziativa di singoli, in una moltiplicazione di atti individuali molto diversa dalle azioni programmate e pianificate delle organizzazioni terroristiche degli anni Novanta. Molti attacchi inoltre sono avvenuti nei paesi extraeuropei, nei paesi musulmani, in terre afflitti da conflitti e tensioni, in Africa, in Asia Meridionale, con l’obiettivo di mietere nuove vittime innocenti, destabilizzare, ingenerare paura e violenza.

Dopo le crisi aperte con le Primavere arabe e le guerre in Siria, Libia, Yemen, anche il quadro geopolitico Mediorientale ha subito una nuova ulteriore scossa. Negli ultimi anni, abbiamo anche assistito alla nascita di nuovi soggetti, proliferati soprattutto in zone del mondo in crisi, che hanno fatto del terrorismo una delle proprie armi e del jihadismo, la base ideologica della propria azione. Dall’Africa subsahariana alla Penisola Arabica, dall’Afghanistan all’Estremo Oriente, dal Caucaso alla Libia al Corno d’Africa. Molto è cambiato, anche nei mezzi, negli strumenti e nella propaganda dei terroristi, ma la minaccia terroristica jihadista è ancora oggi una delle più rilevanti sul piano globale, e ha continuato a colpire nel tempo, in tutto il mondo. In particolare, dal caos siriano e nell’Iraq afflitto da tensioni e rivalità interne, abbiamo anche assistito all’ascesa e, al successivo declino territoriale dello Stato Islamico in Sira e Iraq, con il suo esperimento statuale durato circa 3 anni, che ha rappresentato una nuova svolta nel panorama della storia del jihadismo, con il suo tentativo di autoproclamazione del Califfato, la rottura con Al Qaeda, la sfida per diventare il nuovo punto di riferimento della galassia del radicalismo violento jihadista. Anche dopo la sconfitta territoriale di Daesh, che ha perso si le sue roccaforti in Siria e Iraq ma rimane una seria minaccia terroristica internazionale e locale. Sempre presente, come la stessa Al Qaeda.

Di fronte a una minaccia di questo tipo, globale e in continua evoluzione, capace di mutare e adattarsi alle condizioni nuove del panorama geopolitico e di sfruttare le nostre debolezze e le nostre disattenzioni, l’Occidente deve continuare ad agire unito, condividendo una strategia globale e comune di contrasto e di prevenzione. Consapevoli che la sfida non si potrà purtroppo esaurire in tempi rapidi.

Dopo venti anni molto è stato fatto, e molto nel mondo è cambiato, alcuni successi importanti sono stati raggiunti, ed è necessario riflettere sugli errori commessi per agire meglio e non ripeterli. Ma le cronache quotidiane, e la memoria storica di eventi come l’11 settembre 2001, ci ricordano quanto la minaccia jihadista sia sempre presente intorno a noi e necessiti la nostra attenzione e il nostro impegno. E anche oggi, non possiamo cedere alla paura o rinunciare a svolgere un ruolo nel mondo, chiudendoci in noi stessi.

Enrico Casini e Andrea Manciulli

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