Come le grandi potenze corrono verso lo spazio

Gli Stati Uniti danno vita alla Space Force mentre Cina e Russia lavorano per rafforzare la loro presenza in orbita. E poi i progetti e le ambizioni di Unione Europea, Iran, India, in questa nuova corsa allo spazio.

Prima ancora dello scoppio della pandemia da Covid-19 il mondo era entrato in un clima di competizione e tensioni crescenti tra le grandi potenze, effetto delle trasformazioni in corso, a livello globale, degli equilibri geopolitici ed economici. La pandemia potrebbe diventare, se già non lo è, terreno di scontro/confronto tra le potenze, ma in questa sorta di “Nuova Guerra fredda” emergente potrebbe anche favorire la sua accelerazione e lasciarci un mondo, una volta esaurita la fase più acuta, ancora più in competizione e in tensione.

Certamente una delle cose che la pandemia non cambierà e che, invece, in questa nuova competizione globale tra potenze potrebbe diventare sempre più rilevante, sarà la corsa allo spazio. Infatti, se competizione sarà anche nei prossimi anni, lo spazio diventerà uno dei domini in cui maggiormente il confronto tra grandi del mondo, e aspiranti tali, si misurerà.  Infatti negli ultimi anni il cosmo e la sua conquista sono tornati al centro delle mire di molti stati, e la corsa allo spazio ha avuto un enorme impulso, non solo per iniziativa dei tradizionali attori interessati ad essa. In conseguenza della sempre maggiore rilevanza che lo spazio detiene anche per lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e digitali, ma non solo.

La conquista dello spazio è al centro, in maniera sempre più importante, di grandi programmi e progetti di investimento che tutti i paesi e le maggiori potenze mondiali stanno realizzando, in una competizione che ha tante peculiarità, dove per esempio potrebbero definirsi alleanze e convergenze nuove, ma che mantiene però anche molte delle caratteristiche proprie delle rivalità che già dividono il globo terrestre e delle ambizioni geopolitiche che lo attraversano.

I programmi in fase di sviluppo sono sempre più avanzati e ambiziosi, non solo sul versante civile, dove si registra almeno per parte americana anche un sempre più importante investimento di privati, ma anche su quello militare. Dalle potenze più forti e con maggiore esperienza, come USA e Russia, a quelle più in ascesa, come la Cina, ma anche per esempio per l’Unione Europea, e altre ancora, potenze regionali che però ambiscono a far valere la propria voce in questa nuova gara per la conquista del cosmo dall’Iran, all’India fino al Giappone. La stessa NATO, recentemente, ha affrontato il tema dello spazio, con un interesse sempre maggiore, indotto non solo dagli Usa, ma anche dai suoi membri europei.

Ma perchè la corsa allo spazio è così importante e, nonostante gli investimenti importanti ed apparentemente a fondo perduto, viene considerata strategica da tutte le principali nazioni industrializzate? Al netto del ritorno mediatico, per definizione difficile da quantificare monetariamente, il “fondo perduto” negli investimenti è, dati alla mano, solo apparente. L’impatto degli investimenti odierni avrà probabilmente ripercussioni soltanto tra qualche anno, per cui fare supposizioni sarebbe soltanto un esercizio di stile. E’ invece possibile analizzare quanto accaduto per il programma spaziale per eccellenza: il Programma Apollo. Chandler nel 1989 affermava che il programma Apollo è stato “il miglior investimento in ricerca da quando Leonardo da Vinci si è comprato un quaderno per i suoi schizzi”. Viene stimato che per ciascuno dei (circa, al cambio attuale) venticinque miliardi di dollari spesi negli anni sessanta per consentire all’uomo di arrivare sulla luna, il ritorno economico sia stato di tre dollari. Innovazioni tecnologiche nate per soddisfare esigenze specifiche del programma Apollo e divenute poi alla portata di tutti. I cibi liofilizzati nascono a seguito del bisogno di nutrire gli astronauti in orbita. Il goretex ed il velcro sono stati usati per la prima volta per le tute degli astronauti. La miniaturizzazione elettronica vede con il programma Apollo la spinta decisiva (una foto di bassa qualità scattata oggi con un cellulare occuperebbe circa venti volte la memoria ROM dell’Apollo Guidance Computer”), per non parlare dei progressi ottenuti nel campo biomedicale e nelle procedure di gestione di progetti, o nella progettazione delle celle a combustibile piuttosto che nel perfezionamento della fresatura chimica oggi indispensabile per i moderni componenti elettronici. Tutti studi, approfondimenti o invenzioni introdotti per portare l’uomo sulla luna.

Al 2018 nel mondo esistevano 72 agenzie spaziali accreditate. Di queste più della metà hanno almeno un satellite proprietario in orbita. Meno della metà può disporre di astronauti e meno di un quarto ha basi di lancio proprietarie. A sette agenzie spaziali chiuse nel tempo (la più famosa sicuramente quella dell’Unione Sovietica) ci sono notizie che riguardano l’apertura di altre otto, per la maggior parte internazionali a base continentale (la African Space Agency o AfSA, ad esempio, è prevista per il 2023). L’ultima agenzia spaziale nata in ordine di tempo (Dicembre 2019), sicuramente non ultima per importanza e capacità operative al day-one, è la United States Space Force (USSF). Va detto che bisognerebbe parlare di rinascita, in quanto lo USSF era già stato fondato nel 1985, nel pieno della presidenza Reagan, e poi progressivamente smantellato fino alla cancellazione definitiva nel 2002, agli inizi della presidenza Bush.

Per quanto gli Stati Uniti siano il primo stato con due programmi spaziali nazionali distinti (ci torneremo dopo), col nuovo millennio e l’avvento delle economie emergenti il nuovo slancio verso lo spazio arriva dall’Asia. Nel 2003 con il lancio della missione Shenzou 5, la Cina divenne il terzo paese nella storia a riuscire ad inviare un uomo in orbita intorno alla Terra, dopo gli Stati Uniti e la Russia. Il programma spaziale cinese è in realtà iniziato già negli anni cinquanta, in collaborazione con l’URSS, e poi, proseguito in autonomia dalla Cina, quando rivalità e conflitti con i russi lo resero inevitabile, e diventato negli ultimi decenni, a partire dagli anni Novanta, parallelamente all’ascesa cinese oggetto di copiosi investimenti. Oggi la Cina, con un programma ambizioso su cui sta investendo ingenti risorse, non nasconde la propria ambizione di acquisire nel settore spaziale una propria leadership e un vantaggio rispetto ai rivali, Usa in primis. Le ultime conquiste raggiunte dalla Cina in questo ambito, dall’invio sulla Luna della sonda Chang’e al progetto di realizzare una stazione in orbita fino al piano di invio sulla Luna di uomini, indubbiamente la pongono al momento come la rivale più ambiziosa e decisa a sostituire gli USA nella loro leadership spaziale. A questi progetti si potrebbero aggiungere, come ipotizzato da numerosi analisti, il possibile sviluppo di armi e tecnologie anche di tipo militare, adatte sia alla guerra in orbita che a colpire fuori dall’atmosfera. Moltz per primo accenna ai rischi della “militarizzazione dello spazio”, su Nature già nel 2011, parlando di “Asian Space Race”. C’è voluto più di un ventennio, a partire dallo “Scudo Spaziale” di Reagan fino caduta del Muro di Berlino, per focalizzare di nuovo l’attenzione sui risvolti militari che un programma spaziale offre. Non è un caso che l’ESA, a trazione prevalentemente civile e di ispirazione pacifista, si proponga come focal-point per la cooperazione internazionale, mentre le agenzie spaziali asiatiche tendono ad “andare da sole”. A partire dal 2007 le tre principali agenzie spaziali asiatiche (Giappone, Cina e India) hanno avviato tre missioni, distinte ed evidentemente competitive, legate alla mappatura del suolo lunare (rispettivamente Kaguya, Chang’e and Chandrayaan). Non è un caso poi che mentre la Cina lanciava in orbita la sua costellazione di satelliti di global-positioning Beidou (in cinese “mestolo del nord”), gli indiani portavano avanti il programma GAGAN (“GPS-aided GEO augmented navigation”) equivalente per finalità. Non sembrerebbe un caso il fatto che mentre fioriscono ipotesi per programmi spaziali continentali (oltre all’ESA e al già citato AfSA, stesso discorso è possibile per il Sud America e perfino per i Caraibi) nessuno parla di programmi spaziali congiunti in Asia.

Tutti gli analisti di settore, compreso Moltz, sanno bene che in un’industria altamente tecnologica ed energivora come quella che coinvolge lo spazio, passare dalle finalità civili (che si parli di ricerca scientifica o asset per telecomunicazioni ed osservazione della terra) alla costruzione di armi il passo è, oggi, molto breve.

Indubbiamente tra le Grandi potenze la Cina è quella che negli ultimi anni ha bruciato più rapidamente le tappe per costruire un proprio autonomo protagonismo stellare. Questo ha probabilmente contribuito anche al ritorno di interesse di Americani, Europei e Russi verso lo spazio, patto che l’interesse sia mai davvero calato, ma anche ad accelerare la competizione verso il cosmo spingendo in avanti anche le ambizioni di numerosi altri paesi, in cerca del proprio posto di visibilità “tra le stelle”. Ciò che ancora distanzia gli americani dal resto del mondo, se non la buona volontà, sono sicuramente i fondi a disposizione. Fondi che consentono agli americani, come detto, di finanziare in parallelo due agenzie spaziali di primo ordine. Mentre Giappone e India, in maniera più o meno equivalente, impegnano ad oggi neanche quattro miliardi di dollari per i rispettivi programmi spaziali, la Cina ne investe (da fonti ufficiali) undici. Negli Stati Uniti la sola NASA ha disposizione quasi ventitré miliardi di dollari. Altra linea di demarcazione netta che distanzia gli americani dal resto del mondo, a testimonianza tra l’altro dei tempi che cambiano, è che l’USSF incarna il primo esempio di ibridazione tra un’agenzia spaziale e una forza armata. L’USSF è comunque una forza armata, la sesta forza armata degli Stati Uniti: non è presieduta da un amministratore (come la NASA), ma da un generale con quattro stelle sulle spalline. Il Comprehensive Plan for the Organizational Structure of the US Space Force è molto chiaro su quali siano le basi su cui si fonda l’istituzione del USSF. Citando testualmente, con beneficio di traduzione: “[…] gli Stati Uniti rischiano di perdere il loro vantaggio nello spazio. Una perdita di libertà di manovra nello spazio potrebbe influire sulla prosperità della Nazione ed erodere le capacità della Joint Force di contrastare aggressioni e difendere la patria, oltre che la capacità (della Nazione NdR) di proiezione verso l’esterno. Come interesse vitale nazionale, lo spazio è riconosciuto come un dominio di guerra a sé stante, e quindi essenziale per la sicurezza e la prosperità degli Stati Uniti”. Il Presidente Trump, con la sua lodevole capacità di sintesi, ha avuto modo di dichiarare che “non è sufficiente avere semplicemente una presenza americana nello spazio. Dobbiamo avere il dominio americano nello spazio”.

Infine non va ovviamente dimenticata la Russia, che vanta tecnologie e capacità di altissimo livello, oltre a una lunga tradizione nazionale che per molto tempo, durante la Guerra fredda, ha retto il confronto con gli USA (ricordiamo che il primo uomo in orbita intorno alla terra fu il russo Gagarin). La Russia oggi è certamente molto attiva anche sul versante cosmico, anche con progetti di altissima tecnologia, come ad esempio l’impiego in orbita di tecnologie robotiche  e intelligenza artificiale. Incognita è capire quanto, data la mole di investimenti che nei prossimi anni potrebbero essere calamitati dalla corsa verso le stelle, la Russia potrà o vorrà reggere la competizione con gli altri grandi, Cina e USA su tutti, e quanto, invece, non possa decidere di cambiare strategia e cercare alleanze e collaborazioni proprie. Comunque sia, viste anche le capacità di tipo militare che può vantare nel settore missilistico e aerospaziale, vorrà continuare ad essere protagonista nella partita.

Considerato come un dominio autonomo in ambito militare, al pari di terra, aria, acqua e cyberspace, anche lo spazio da decenni è entrato a pieno titolo come una delle dimensioni fondamentali in cui si esercita e si eserciterà non solo la forza militare, ma in generale il potere e l’egemonia delle grandi potenze e dei paesi che aspirano ad elevare il proprio status. Tanto più la corsa tecnologica e la competizione sulla Terra tra paesi si farà intensa, quanto maggiormente il cosmo sarà teatro di tensione, rivalità e competizione, anche di natura geopolitica. Anche con possibile il contributo dei privati e delle prime corporation che si cimentano con la sfida dei viaggi e della ricerca spaziali.

Le nuove tecnologie digitali e quelle di tipo aerospaziale sono sempre di più al centro della nuove forme di deterrenza e della competizione tra gli stati. In questo, siamo convinti, che la corsa allo spazio, anche per la sua capacità di implementare la ricerca scientifica e l’uso di tecnologie all’avanguardia, subirà nei prossimi anni una sempre maggiore accelerazione e nuovi traguardi, nel tempo, saranno superati.

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