Dal summit di Bruxelles alla Brexit: la NATO tra sfide e opportunità

Alla vigilia del suo 70esimo anniversario, la NATO mette in campo nuovi strumenti per tenersi al passo coi tempi, adattandosi a sfide sempre più complesse oltre i suoi confini, fianco est e fianco sud (auspicabilmente) in egual misura. Un maggiore sforzo appare però necessario per appianare alcune tensioni interne tra alleati.

In effetti, dal cambio di rotta USA sui cambiamenti climatici, ai dazi sulle importazioni dall’UE, passando dalla retorica “America first” o per le divergenze sull’intesa sul nucleare con l’Iran, ultimamente il sostegno reciproco tra le due sponde dell’Atlantico ha dato l’impressione, a ragione, di vacillare un po’. Le frizioni commerciali ed energetiche tra gli alleati hanno costituito il leitmotiv degli ultimi mesi, scavalcando in alcuni casi il tema della difesa. Basti guardare all’ultimo summit NATO di Bruxelles, apertosi con un feroce attacco da parte di Trump al dibattuto progetto per il raddoppio del gasdotto Nord Stream, e all’alleata Germania che lo sostiene fermamente.

Durante il vertice di Bruxelles si sono in ogni caso registrati buoni passi avanti: in primis un rinnovato impegno sull’annosa questione del burden sharing così come accordato al summit NATO in Galles nel 2014. In realtà, con Bush o con Obama la narrativa americana di un’Europa “free-rider” in tema di sicurezza non è mai cambiata troppo, e non a torto: ancora oggi solo 5 alleati su 29 raggiungono o superano il 2% del PIL speso nella difesa – Stati Uniti in testa con il 3,6% e stanchi di essere il principale salvadanaio cui attingere quanto a capacità militari. C’è poi l’accordo sul cosiddetto piano “Four 30s”, ovvero l’impegno, al 2020, di garantire uno spiegamento operativo di 30 battaglioni di truppe, 30 squadroni aerei e 30 navi da guerra entro 30 giorni. Il vertice riconosce inoltre piena capacità operativa all’Hub per il Sud di Napoli, a conferma del maggiore impegno sul fianco meridionale dell’alleanza così come convenuto a Varsavia nel 2016. Per rispondere alle crescenti sfide alla sicurezza globale, la NATO ha poi inserito le “minacce ibride” tra quelle potenzialmente valide per l’attivazione dell’articolo 5, e ha dichiarato di voler perfezionare la risposta alle minacce cibernetiche grazie al supporto del centro “Shape” a Mons, in Belgio.

Dietro le quinte del vertice di Bruxelles si registrano però dinamiche insolite. Il comunicato viene adottato alla fine del primo giorno – a riprova della sinergia sui contenuti – ma Trump rivendica poi in solitaria successi precedentemente e collettivamente raggiunti (leggi: burden sharing). L’attacco alla Germania appare strumentale ad alimentare tensioni intra-UE puntando sulle note divergenze in materia di sicurezza energetica – non stupisce infatti il sostegno polacco a Trump nella critica a Nord Stream2. C’è infine la volontà di accaparrarsi una fetta del mercato del gas europeo aumentando l’export di shale gas americano a discapito delle forniture russe – e gli incontri tra Trump e Juncker alla Casa Bianca poco dopo il vertice NATO confermano di fatto questa possibilità.

Il gioco di subordinare la questione difesa alle priorità interne potrebbe però non valere la candela, specialmente se pensiamo alle sfide che si prospettano rispetto a comuni minacce e interlocutori, e alle opportunità che una piattaforma politica e militare come la NATO potrà cogliere rafforzando la solidità dell’alleanza. Sul piano internazionale, l’imprevedibilità delle mosse russe e l’escalation della tensione con l’Ucraina nel mare di Azov s’intrecciano con l’instabilità nella regione nord africana e mediorientale, esacerbata dalla minaccia terroristica e dalla gestione dei flussi migratori. Sul piano interno, il risultato e gli effetti della Brexit sulla difesa rimangono sicuramente il più grande nodo da sciogliere per chiarire l’impegno inglese nell’Alleanza, che potrebbe avere anche ripercussioni sulla cooperazione UE-NATO così come scaturita dal vertice di Varsavia e dalle 74 proposte attuative. Da queste dinamiche dipenderanno in parte anche lo sviluppo d’iniziative europee come la PESCO e l’EDF, e quindi la competitività della base industriale e tecnologica europea nel campo della difesa.

In gioco c’è dunque il disegno della cooperazione transatlantica. Il vertice di Bruxelles ed in generale l’evoluzione della NATO aprono nuove vie ma mostrano anche nuove prove. Paradossalmente, la necessità di maggiore sicurezza invocata dai cittadini e dalla politica dell’una e dell’altra parte rischia di dover fare i conti con un indebolito dibattito sulla difesa occidentale proprio nel foro più opportuno dove prendere decisioni nodali e rilevanti in materia.

 

 

Margherita Bianchi lavora all’Istituto Affari Internazionali (IAI). S’interessa principalmente di energia, sicurezza e integrazione europea.

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